TRIBUNALE DI ROMA 
                     Sezione tredicesima civile 
 
    Il Tribunale di  Roma  Sezione  XIII  Civile  nelle  persone  dei
giudici: 
      Alberto Michele Cisterna, presidente; 
      Raffaella Vacca, giudice rel.; 
      Giorgio Egidi, giudice; 
    sciogliendo la riserva, nella camera di consiglio del 14 dicembre
2022,  ha  emesso  la  seguente  ordinanza  nella  causa  civile   n.
68676/2022 del Ruolo generale civile reclami. Oggetto: reclamo contro
ordinanza di rigetto ex art. 696-bis codice di procedura civile. 
    Letti gli atti; 
    vista  l'ordinanza  del  24  ottobre  2022  che   ha   dichiarato
l'inammissibilita' del ricorso ex art. 696-bis  codice  di  procedura
civile con cui D E aveva chiesto l'accertamento del danno da  lesioni
fisiche  derivategli  da  infortunio  stradale,  sostenendo  che   la
transazione intercorsa in data con  la  Compagnia  Assicurativa  M  E
sarebbe stata viziata da errore,  posto  che  la  valutazione  medico
legale del fiduciario della Compagnia non avrebbe tenuto conto  delle
conseguenze neurologiche accertate successivamente alla transazione; 
    visto il reclamo presentato da D E , sul rilievo che  il  giudice
di prime cure avrebbe, erroneamente, fondato il proprio convincimento
sull'omessa  indicazione  della  data  di  insorgenza   della   nuova
patologia neurologica, non valutata in sede transattiva; 
    letta la memoria difensiva di M E D.A.C., che ha eccepito la  non
reclamabilita'  dell'ordinanza  di  diniego  emessa  nell'ambito  del
procedimento disciplinato dall'art. 696-bis del codice  di  procedura
civile - il cui  presupposto  andrebbe  individuato  nell'urgenza  di
assumere il mezzo istruttorio  ante  causam  e  nel  rischio  che  un
erroneo diniego potrebbe procurare alla parte istante -  evidenziando
l'insussistenza, oltre che l'omessa  allegazione,  del  periculum  in
mora; 
 
                               Osserva 
 
    si pone  in  esergo  la  necessita'  di  tracciare  le  linee  di
demarcazione che - ad avviso del Collegio  -  dovrebbero  segnare  la
netta distinzione tra l'istituto dell'accertamento tecnico preventivo
ex art. 696 del codice di procedura civile e quello della  consulenza
tecnica preventiva ex art. 696-bis del  codice  di  procedura  civile
(richiamato dall'art. 8 della legge 24 del 2017); 
    non viene in discussione, ovviamente,  l'attivita'  da  espletare
nel corso del procedimento di cui si discute - la quale in entrambi i
casi  consta  di  una  consulenza  tecnica  con  la  quale  la  parte
ricorrente chiede la verifica di determinate circostanza -  quanto  i
presupposti in presenza dei quali e' regolamentato l'accesso  all'uno
o all'altro dei procedimenti di istruzione preventiva (Sezione IV); 
    la questione dovrebbe essere agevolmente risolta sulla scorta del
primo comma dell'art. 696-bis  del  codice  di  procedura  civile  il
quale, come noto, sotto il titolo «Consulenza tecnica  preventiva  ai
fini della composizione della lite» prevede  che  «l'espletamento  di
una consulenza tecnica, in  via  preventiva,  puo'  essere  richiesto
anche  al  di  fuori  delle  condizioni  di  cui   al   primo   comma
dell'articolo  696,  ai  fini  dell'accertamento  e  della   relativa
determinazione  dei  crediti  derivanti  dalla  mancata  o   inesatta
esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito»; 
    il  tenore  lessicale  della  disposizione  pone   due   evidenti
questioni: a) per un verso si esclude la necessita' della  condizione
di urgenza espressamente regolamentata dall'art. 696,  comma  1,  del
codice di procedura civile («Chi ha urgenza di far verificare,  prima
del giudizio, lo stato di luoghi o la qualita'  o  la  condizione  di
cose, puo' chiedere, a norma degli articoli 692 e seguenti,  che  sia
disposto un accertamento tecnico o un'ispezione giudiziale»); b)  per
altro, tuttavia, si ingenera  un'incertezza  circa  il  perimetro  di
applicazione della norma laddove si dia enfasi  all'avverbio  «anche»
che potrebbe far intendere a  contrario  che  si  possa  accedere  al
procedimento ex art. 696-bis del codice di procedura  civile  pur  in
presenza di una condizione di urgenza; 
    si tratta di un approccio che ha ricadute evidenti, per quanto si
dira', sulla struttura dell'accertamento tecnico preventivo a fini di
conciliazione,  poiche'  ammettendone   l'espletamento   «anche»   in
presenza di condizioni di  urgenza,  in  luogo  dell'attivazione  del
protocollo ex art. 696 del codice di procedura civile, si  renderebbe
quale elemento qualificante dell'opzione del ricorrente (e discrimine
tra i due  istituti)  il  tentativo  di  conciliazione  che  conclude
l'accertamento tecnico preventivo  ex  art.  696-bis  del  codice  di
procedura civile; 
    altrimenti detto: questa teorica indurrebbe  a  ritenere  che  la
parte ricorrente che versi in condizioni di  urgenza  possa  invocare
l'applicazione del protocollo di cui all'art. 696-bis del  codice  di
procedura civile sol perche' intende «anche» accedere a una procedura
di conciliazione con la controparte che, per giunta, deve  espletarsi
prima del deposito della relazione peritale («Il consulente, prima di
provvedere al deposito della  relazione,  tenta,  ove  possibile,  la
conciliazione delle parti»); 
    gia' questa scansione si pone in contraddizione con le  finalita'
proprie del procedimento cautelare che, per sua definizione, pretende
un intervento giurisdizionale temporalmente ravvicinato e  prefigura,
comunque, un periculum  in  mora  del  tutto  assente  nella  lettera
dell'art. 696-bis del codice di procedura civile; 
    stima  il  Collegio  che  una  siffatta   interpretazione   delle
interrelazioni (pur esistenti ed evidenti) tra i due procedimenti che
li  renda  promiscuamente  accessibili  sulla  scorta  del   medesimo
requisito dell'urgenza non sia conforme  ne'  al  disposto  dell'art.
696-bis del codice di procedura civile ne' alla finalita'  di  questa
disposizione introdotta dal legislatore con il decreto-legge 14 marzo
2005, n. 35 recante «Disposizioni urgenti nell'ambito  del  Piano  di
azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale» e che  tale
differenza emerga in modo evidente dal  rinvio  che  l'art.  8  della
legge 24 del  2017  reca  proprio  all'art.  696-bis  del  codice  di
procedura civile assegnando  il  termine  di  sei  mesi  per  il  suo
espletamento; e senza la  possibilita'  di  alcuna  accelerazione  ai
sensi dell'art. 692 e seguenti del codice di procedura civile  stante
l'omesso richiamo a tale disposizione sia nel testo dell'art. 696-bis
del codice di procedura civile che, quindi, nell'art. 8  che  a  esso
rimanda; 
    l'unico rinvio al disposto dell'art. 696 del codice di  procedura
civile e' quello di cui al primo comma dell'art. 696-bis  del  codice
di procedura civile secondo cui «Il giudice procede a norma del terzo
comma del medesimo articolo 696» per  il  quale  «Il  presidente  del
tribunale o il conciliatore  provvede  nelle  forme  stabilite  negli
articoli 694 e 695,  in  quanto  applicabili,  nomina  il  consulente
tecnico e fissa la data dell'inizio delle operazioni»; 
    la  mancanza  di  una  procedura  d'urgenza,  con  le   scansioni
procedurali contratte di  cui  all'art.  693  e  696  del  codice  di
procedura  civile,  induce  piuttosto  a  escludere  che   la   parte
ricorrente possa accedere alla procedura di cui all'art. 696-bis  del
codice di procedura civile in caso di  urgenza  (e,  soprattutto,  in
materia  di  responsabilita'  sanitaria)  dovendosi  far  ricorso   -
piuttosto - all'istituto tipico dell'accertamento tecnico ex art. 696
del codice di procedura civile e ferma la qualificazione del  ricorso
che compete comunque al giudice  procedente  indipendentemente  dalla
nomen iuris conferito dalla parte al ricorso; 
    per giunta in tal senso si era espressa la  Corte  di  cassazione
laddove aveva affermato che «come a piu' riprese stabilito da  questa
Corte, "non costituisce 'sentenza', ai fini ed agli  effetti  di  cui
all'art. 111, settimo  comma,  Cost.,  il  provvedimento  di  rigetto
dell'istanza  di  consulenza   tecnica   preventiva   con   finalita'
conciliativa, il quale non contiene alcun giudizio in merito ai fatti
controversi,  non  pregiudica  il  diritto  alla  prova   (anche   in
considerazione dell'assenza del  presupposto  dell'urgenza,  estraneo
all'art. 696-bis del codice di procedura civile), ne' tanto  meno  la
possibilita' della conciliazione, essendo, inoltre,  ridiscutibile  -
anche quanto alle spese - nell'eventuale giudizio di merito" (tra  le
altre: Cass. ord. 7 marzo 2013, n. 5698; Cass.  21  maggio  2018,  n.
12386)» (cosi' in motivazione Cassazione sez. VI  -  3,  28  febbraio
2020, n. 5463); 
    in questa traiettoria  l'avverbio  «anche»  non  intende  -  come
ritenuto -  consentire  l'accesso  all'art.  696-bis  del  codice  di
procedura civile pur  in  condizioni  di  urgenza,  ma  semplicemente
indicare  che  la  finalita'  conciliativa  e  deflattiva   autorizza
l'accertamento tecnico preventivo «pur» in mancanza delle  condizioni
di urgenza proprie  del  finitimo  procedimento  cautelare  in  senso
stretto; 
    proprio i lavori preparatori e la  discussione  parlamentare  che
hanno preceduto l'approvazione dell'art.  8  della  legge  24  citata
rende evidente che l'istituto e' stato espressamente affiancato  alla
mediazione  conciliativa  al   fine   evidente   di   alleggerire   e
semplificare il contenzioso in materia sanitaria e  non  per  ragioni
finanche implicitamente  assimilabili  a  quelle  dell'art.  696  del
codice di procedura civile; e l'alternativita' prevista tra procedura
giudiziale  ex  art.  696-bis  del  codice  di  procedura  civile   e
mediazione rende palese che qualsivoglia  decisione  di  rigetto  del
ricorso  proposto  dalla  parte  che  invoca  l'accertamento  tecnico
preventivo ex  art.  696-bis  del  codice  di  procedura  civile  non
paralizza l'azione di merito ben potendo il preteso danneggiato porre
in essere la diversa condizione di procedibilita' della mediazione di
cui all'art. 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n.
28; 
    non si deve  trascurare  che,  in  difetto  del  requisito  della
condizione d'urgenza, la delibazione del giudice ex art. 696-bis  del
codice di procedura civile sia circoscritta al solo  fumus  circa  la
sussistenza del diritto che  si  intende  poi  tutelare  in  sede  di
merito; 
    di conforto a questa conclusione appare la sentenza  della  Corte
costituzionale adita n. 87 del 2021  laddove,  proprio  con  riguardo
alla regolazione delle spese nel procedimento ex art. 8, legge 24 del
2017, ha precisato che «Il richiamato  art.  696-bis  del  codice  di
procedura civile, a sua volta, prevede  l'istituto  della  consulenza
tecnica  conciliativa  che  offre  alle  parti  la  possibilita'   di
ottenere, in via preventiva rispetto all'instaurazione del  processo,
una  valutazione  tecnica  in  ordine  all'esistenza  del   fatto   e
all'entita' del danno, nell'auspicio che,  proprio  sulla  scorta  di
tale valutazione, le parti  possano  trovare  un  accordo  che  renda
superflua l'instaurazione  del  successivo  giudizio  di  merito.  Il
previo svolgimento dinanzi all'autorita' giudiziaria del procedimento
di cui all'art. 696-bis del codice di procedura civile e' finalizzato
non solo alla definizione in via conciliativa della controversia,  ma
anche ad anticipare  un  segmento  istruttorio  fondamentale  per  la
risoluzione di alcune cause caratterizzate - come quelle in  tema  di
responsabilita' sanitaria - da questioni soprattutto tecniche. Questa
peculiare  forma  di  giurisdizione  condizionata  -  prevista  dalla
disposizione censurata - persegue  una  chiara  finalita'  deflattiva
nella  misura  in  cui  il  necessario  previo   espletamento   della
consulenza medico-legale mira a  favorire  l'accordo  tra  le  parti,
risolvendo le questioni tecniche sulle quali  si  fondano  spesso  le
pretese  di  risarcimento  del  danno  derivante  da  responsabilita'
sanitaria. In questa prospettiva e' previsto anche che l'espletamento
della consulenza nella materia della responsabilita'  sanitaria  deve
essere affidato «a un medico specializzato in medicina legale e a uno
o piu' specialisti nella disciplina che abbiano specifica  e  pratica
conoscenza di quanto oggetto del procedimento» (§.4); 
    ritiene il Collegio che la soluzione accordata dalla Corte  adita
al tema  delle  spese  processuali  possa  rappresentare  un'adeguata
chiave interpretativa per  risolvere  la  questione,  solo  in  parte
diversa, della reclamabilita' del decreto di rigetto; 
    la sentenza n. 87 del 2021 - lo si esplicita  ovviamente  per  le
sole parti del presente giudizio - precisa  che,  nel  profilo  della
regolamentazione delle spese processuali, «viene  in  rilievo  l'art.
669-quaterdecies del codice di procedura civile che  stabilisce,  tra
l'altro, che ai procedimenti di istruzione preventiva, e quindi anche
alla consulenza tecnica preventiva di cui all'art. 696-bis del codice
di procedura civile e a quella di cui all'art. 8 della  legge  n.  24
del 2017, si  applica  altresi'  l'art.  669-septies  del  codice  di
procedura civile, secondo cui  il  giudice  provvede  definitivamente
sulle spese processuali in caso di ordinanza  di  incompetenza  o  di
rigetto, che comprende anche  l'ipotesi  dell'inammissibilita'  della
domanda; ossia casi in cui l'accertamento tecnico preventivo  non  ha
luogo. Da cio' discende che in tutti gli altri casi  -  ossia  quando
invece ha avuto normalmente corso l'accertamento  tecnico  preventivo
previsto dalla disposizione censurata ed e' giunto a conclusione  con
il deposito dell'elaborato peritale - il giudice non puo'  provvedere
sulle spese - come correttamente assume il rimettente -  e,  se  cio'
fa, la pronuncia di condanna di una parte, a favore  dell'altra,  del
pagamento delle spese della consulenza - e in  generale  delle  spese
del procedimento - e' considerata dalla giurisprudenza come "abnorme"
e quindi contra ius  (Corte  di  cassazione,  sezione  sesta  civile,
sottosezione  terza,  ordinanza  22  ottobre  2018,  n.  26573).   Il
regolamento delle spese, anche di  quelle  della  consulenza  tecnica
preventiva ex art. 696-bis del codice di procedura civile, e'  sempre
rimesso  ad  una  fase  successiva,  ancorche'  non  necessaria,   ma
eventuale:  quella  del  giudizio  di  merito  promosso  con   l'atto
introduttivo divenuto procedibile»; 
    la richiesta di  quel  Tribunale  rimettente  di  conseguire  una
disciplina   che    attenuasse    il    nesso    di    strumentalita'
dell'accertamento tecnico preventivo rispetto al giudizio di  merito,
si' da consentire al giudice di  regolare  le  spese  processuali,  e
segnatamente quelle  della  consulenza  tecnica  gia'  all'esito  del
procedimento stesso, e' stata negata dalla Consulta sul  rilievo  che
una siffatta opzione «-  in  disparte  i  provvedimenti  cautelari  a
strumentalita' attenuata per i quali e'  contemplato  il  potere  del
giudice di liquidare in ogni caso le spese processuali all'esito  del
procedimento - e' in effetti prevista in un'altra analoga fattispecie
di accertamento  tecnico  preventivo,  che  parimenti  condiziona  la
procedibilita' dell'azione giudiziaria» (l'art. 445-bis del codice di
procedura civile) senza che  cio'  possa  valere  a  condizionare  la
discrezionalita' del legislatore e che, comunque, con  la  mediazione
«il ricorrente puo' quindi scegliere una via per  lui  meno  onerosa,
dal momento che la  consulenza  tecnica  d'ufficio  e'  espressamente
posta a carico delle parti in solido  dall'art.  16,  comma  11,  del
decreto  del  Ministro  della  giustizia  18  ottobre  2010,  n.  180
(Regolamento recante la determinazione dei criteri e delle  modalita'
di iscrizione e tenuta del registro degli organismi di  mediazione  e
dell'elenco dei formatori per la mediazione,  nonche'  l'approvazione
delle indennita' spettanti agli organismi, ai sensi dell'articolo  16
del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28)»; 
    la   delimitazione   dell'ambito   di   applicazione    dell'art.
669-septies del  codice  di  procedura  civile  ai  provvedimenti  di
incompetenza  e  di  rigetto,  per  effetto  del  rimando   contenuto
nell'art.  669-quaterdecies  del  codice  di  procedura  civile  («Le
disposizioni della presente sezione  si  applicano  ai  provvedimenti
previsti nelle sezioni II, III e V di questo capo, nonche', in quanto
compatibili, agli altri provvedimenti cautelari previsti  dal  codice
civile e dalle leggi  speciali.  L'articolo  669-septies  si  applica
altresi' ai provvedimenti di  istruzione  preventiva  previsti  dalla
sezione  IV  di  questo   capo»),   escludeva   l'applicabilita'   al
procedimento di accertamento tecnico ex art. 696 e art.  696-bis  del
codice di procedura civile del reclamo di cui all'art.  669-terdecies
del codice di procedura civile previsto -  si  badi  bene  -  «contro
l'ordinanza con la quale e' stato concesso o negato il  provvedimento
cautelare» secondo quanto previsto dal medesimo decreto legge  n.  25
del 2005 che dava ingresso all'art. 696-bis del codice  di  procedura
civile; 
    orbene, come noto, la Corte costituzionale adita, con la sentenza
n. 144 del 2008, ha dichiarato «l'illegittimita' costituzionale degli
articoli 669-quaterdecies e 695 del codice di procedura civile, nella
parte in cui non prevedono la  reclamabilita'  del  provvedimento  di
rigetto dell'istanza per l'assunzione preventiva dei mezzi  di  prova
di cui agli articoli 692 e 696 dello stesso codice»; 
    la circostanza che la pronuncia non abbia preso in considerazione
l'art. 696-bis del codice di procedura civile non puo' ritenersi  ne'
casuale ne' incoerente rispetto all'assetto  normativo  dell'istituto
per il quale - a tutta evidenza come detto  -  difetta  il  requisito
dell'urgenza e, quindi, mancano le condizioni che  hanno  determinato
la declaratoria di incostituzionalita' del 2008; 
    si legge nella motivazione della sentenza del 2008: «Questa Corte
non ritiene oggetto  di  possibili  dubbi  i  principi  costantemente
affermati della non necessaria  previsione  di  un  doppio  grado  di
merito per la realizzazione del diritto di difesa e  della  parimenti
non necessaria attribuzione di identiche facolta' a tutte  le  parti,
purche' sia ad esse assicurata la sostanziale  parita'  di  efficacia
degli strumenti processuali predisposti, a seconda  delle  posizioni,
con riguardo alla consistenza dei diversi interessi (sentenza n.  107
del 2007) ...  Con  riguardo  alla  normativa  censurata,  si  rileva
anzitutto che essa fa  parte  della  tutela  cautelare,  della  quale
condivide la ratio ispiratrice che e' quella di evitare che la durata
del processo si risolva in un pregiudizio della  parte  che  dovrebbe
veder riconosciute le proprie  ragioni.  Non  si  puo'  dubitare  che
l'impossibilita' di sentire in futuro  nella  sede  ordinaria  uno  o
diversi testimoni, cosi' come l'alterazione dello stato di luoghi  o,
in generale, di cio' che si vuole sottoporre ad accertamento  tecnico
possano provocare pregiudizi irreparabili al  diritto  che  la  parte
istante intende far valere  ....  Le  analogie  tra  le  ragioni  che
impongono la tutela cautelare e quelle che presiedono alla disciplina
della istruzione preventiva sono state gia' piu'  volte  riconosciute
da questa Corte, che ha anche sottolineato il rapporto  che  lega  il
diritto di esercitare l'onus probandi con la garanzia di cui all'art.
24 Cost. (sentenze n. 471 del 1990, n. 257 del 1996, n. 46 del 1997).
Se si ha riguardo alla reclamabilita' dei provvedimenti di rigetto di
istanze cautelari sostanziali, la non reclamabilita'  di  quelli  che
respingono ricorsi per  provvedimenti  di  istruzione  preventiva  si
presenta quindi come  un'incoerenza  interna  alla  disciplina  della
tutela cautelare. La discrasia e' ancora  piu'  puntuale  e  evidente
rispetto al provvedimento di diniego  di  sequestro  giudiziario  per
provvedere alla custodia temporanea di  libri,  registri,  documenti,
campioni e di ogni altra cosa da cui si pretende desumere elementi di
prova, disciplinato dall'art.  670,  secondo  comma,  del  codice  di
procedura civile»; 
    in questo scenario  non  e'  dato  intendere  quale  parte  della
normativa  cautelare  ora  menzionata  possa   trovare   applicazione
all'ipotesi dell'accertamento ex art. 696-bis del codice di procedura
civile, anche nella declinazione temporale del semestre  ex  art.  8,
legge n. 24 del 2017, posto che non sussiste alcuna delle ragioni che
hanno indotto la Consulta a lasciare indenne il procedimento ex  art.
696-bis  del  codice  di  procedura  civile  dalla  declaratoria   di
incostituzionalita'; 
    tuttavia, con due pronunce del 2019  e  del  2022,  la  Corte  di
legittimita' ha ritenuto anche il provvedimento di  diniego  ex  art.
696-bis del codice di procedura civile sia  «partecipe  della  natura
latamente cautelare e come  tale  suscettibile  di  reclamo  ex  art.
669-terdecies del codice di procedura  civile,  pur  in  mancanza  di
ragioni  di  urgenza»  (Cassazione  n.  28326/2022  che  richiama  n.
23976/2019); 
    a fondamento di tale  conclusione  la  sentenza  del  2019  della
Cassazione ha articolato il seguente ragionamento: «Ed infatti, se e'
pur vero che, con riferimento alla consulenza tecnica  preventiva  di
cui all'art. 669-bis del  codice  di  procedura  civile,  difetta  il
presupposto del periculum in mora, deve ritenersi - anche  alla  luce
di quanto affermato dalla Consulta con la sentenza n. 26 del  2010  -
che la disciplina dettata dagli artt. 692-699 del codice di procedura
civile non esclude «la natura cautelare delle  relative  misure»,  da
intendersi, all'evidenza, latamente cautelare quanto al  procedimento
di  cui  all'art.   696-bis   del   codice   di   procedura   civile,
evidenziandosi che l'espletamento di una consulenza tecnica,  in  via
preventiva, puo' essere richiesto anche in caso  di  urgenza  e  cio'
trova conferma nello stesso tenore letterale  dell'art.  696-bis  del
codice di procedura civile, il quale espressamente  prevede  che  una
siffatta consulenza possa essere richiesta «anche» al di fuori (e non
solo in difetto) delle condizioni di cui al primo comma dell'art. 696
del codice di procedura civile, il quale fa espresso  riferimento  al
presupposto dell'urgenza. A tanto deve comunque  aggiungersi  che  il
rimedio del reclamo e' compatibile anche con  il  rito  previsto  per
provvedimenti non cautelari (basti pensare  alla  previsione  di  cui
all'art. 739 del codice di procedura civile in tema  di  procedimenti
in camera di consiglio) e  che,  peraltro,  milita  nel  senso  della
reclamabilita'  del  provvedimento   in   questione   una   ulteriore
riflessione: l'art. 696-bis del codice di procedura civile, al  primo
comma, secondo periodo, prevede che il giudice procede  a  norma  del
terzo comma dell'art. 696 del codice di procedura civile che,  a  sua
volta, stabilisce che il giudice provvede nelle forme stabilite negli
artt. 694 e 695 del codice di rito. Come gia' sopra rilevato, proprio
l'art. 695 del codice di procedura civile e  l'art.  669-quaterdecies
del codice di procedura civile sono stati dichiarati, con la sentenza
della Consulta n. 144 del 2008, incostituzionali nella parte  in  cui
non  prevedono  la  reclamabilita'  del  provvedimento   di   rigetto
dell'istanza per l'assunzione preventiva dei mezzi di  prova  di  cui
agli articoli 692 e 696  del  codice  di  procedura  civile,  sicche'
sarebbe del tutto irragionevole l'esclusione della reclamabilita' del
provvedimento di mancato accoglimento dell'istanza  ex  art.  696-bis
del codice di procedura civile,  atteso  che  quest'ultima  norma  fa
indirettamente riferimento pure all'art. 695 del codice di  procedura
civile, nel modo di cui si e' dato conto»; 
    si  tratta  di  un  approdo  che,  come  visto,   individua   nel
provvedimento ex art. 696-bis del  codice  di  procedura  civile  una
«natura latamente cautelare» sulla scorta delle motivazioni enunciate
dalla sentenza  della  Consulta  adita  n.  26  del  2010  la  quale,
tuttavia, enuncia principi che  nulla  hanno  a  che  vedere  con  il
procedimento di cui all'art. 696-bis del codice di procedura civile e
che, invece, sono propri del procedimento cautelare in senso  stretto
e, con esso, dell'accertamento ex art. 696 del  codice  di  procedura
civile: 
    «Invero, la ratio diretta ad evitare che la durata  del  processo
ordinario si risolva in un pregiudizio per la parte che  intende  far
valere le proprie ragioni, comune ai provvedimenti di cui agli  artt.
669-bis e seguenti ed all'art. 696 del codice di procedura civile, il
carattere provvisorio e strumentale dei detti provvedimenti, rispetto
al giudizio a cognizione piena, del pari comune, nonche' l'assenza di
argomenti  idonei  a  giustificare  la   diversita'   di   disciplina
normativa, con riguardo all'arbitrato, tra il provvedimento di cui al
citato art. 696 e gli altri provvedimenti cautelari, i quali  possono
essere ottenuti ricorrendo al giudice, anche se la controversia,  nel
merito, e' devoluta ad arbitri  (art.  669-quinquies  del  codice  di
procedura  civile),  rendono  del  tutto   irragionevole   la   detta
esclusione. Inoltre, essa  viola  anche  l'art.  24,  secondo  comma,
Cost., perche' l'impossibilita' di espletare  l'accertamento  tecnico
preventivo in caso di controversia devoluta ad arbitri (i quali, come
si e' detto, non possono  concedere  provvedimenti  cautelari,  salva
diversa disposizione di legge) compromette il diritto alla prova, per
la possibile alterazione dello stato dei luoghi  o  di  cio'  che  si
vuole sottoporre ad accertamento tecnico, con conseguente pregiudizio
per il diritto di difesa»; 
    come si vede tutti gli enunciati prendono  in  considerazione  il
requisito del periculum in mora, proprio  del  procedimento  uniforme
cautelare e del procedimento ex art.  696  del  codice  di  procedura
civile  senza  che  alcun   argomento   testuale   possa   confermare
l'estensione della regola della reclamabilita' ex art.  669-terdecies
del codice di procedura civile avverso il provvedimento di rigetto ex
art. 696-bis del codice di procedura civile che non  partecipa  della
detta funzione cautelare, posto che non ha alcuna correlazione con la
durata del processo, il pericolo di immutazione delle  situazioni  da
accertare e connessa dispersione della prova («Non si  puo'  dubitare
che l'impossibilita' di sentire in futuro nella sede ordinaria uno  o
diversi testimoni, cosi' come l'alterazione dello stato di luoghi  o,
in generale, di cio' che si vuole sottoporre ad accertamento  tecnico
possano provocare pregiudizi irreparabili al  diritto  che  la  parte
istante  intende  far  valere»),  ma  assolve  a  esplicite,  diverse
funzioni deflattive e conciliative come a tutta evidenza nel caso  in
esame  che  riguarda  vicende  risalenti  nel  tempo  e   certo   non
suscettibili di alcuna menomazione; 
    la circostanza, poi, che «il rimedio del reclamo  e'  compatibile
anche con il rito previsto per  provvedimenti  non  cautelari  (basti
pensare alla previsione di cui all'art. 739 del codice  di  procedura
civile in tema di procedimenti in camera di  consiglio)»  e'  profilo
non decisivo a favore di un'interpretazione estensiva  e/o  analogica
del  pronunciato  della  Consulta  del  2008   oltre   il   perimetro
minuziosamente delineato da quella pronuncia, considerato che -  come
detto - «Questa Corte  non  ritiene  oggetto  di  possibili  dubbi  i
principi costantemente affermati della non necessaria  previsione  di
un doppio grado di merito per la realizzazione del diritto di  difesa
e della parimenti non necessaria attribuzione di identiche facolta' a
tutte le parti, purche' sia ad esse assicurata la sostanziale parita'
di efficacia degli strumenti processuali predisposti, a seconda delle
posizioni,  con  riguardo  alla  consistenza  dei  diversi  interessi
(sentenza n. 107 del 2007)» (sentenza n. 144 del 2008) e che, quindi,
la diversa regolamentazione delle ipotesi processuali  rientra  nella
piena discrezionalita' del legislatore, soprattutto se si  tratta  di
disposizioni che incrementano la soglia del diritto di difesa  in  un
caso senza necessita' alcuna che tracimi in favore di un altro; 
    l'accertamento e il reclamo hanno comunque un costo per la  parte
intimata che deve costituirsi in  giudizio  e  (praticamente  sempre)
munirsi  di  un  consulente  di  parte,  senza  la  possibilita'   di
conseguire alcuna condanna alle spese in proprio favore alla chiusura
del procedimento (come noto non prevista se non in caso di rigetto  o
declaratoria di inammissibilita' v. Corte di cassazione,  sezione  VI
ordinanza 22 ottobre 2018, n. 26573 e Corte costituzionale n. 87  del
2021); 
    d'altronde la stessa Consulta nel 2010 aveva ricordato la censura
del giudice rimettente secondo  cui  «il  tenore  letterale  di  essa
impone  di  escludere  che,  al  di  la'  dell'eccezione   costituita
dall'art. 669-septies del codice  di  procedura  civile  (oggetto  di
esplicita menzione), la  disciplina  dei  procedimenti  cautelari  in
generale possa essere applicata all'accertamento tecnico  preventivo,
come, del resto, emerge anche dai lavori preparatori della  normativa
de  qua»  per,  poi,  essa  stessa  Corte  concludere   che   «L'art.
669-quaterdecies del codice di procedura  civile,  sotto  la  rubrica
"ambito  di  applicazione",  stabilisce  che  le  disposizioni  della
Sezione I,  capo  III,  Libro  IV,  del  detto  codice,  relativa  ai
procedimenti cautelari in generale,  si  applicano  ai  provvedimenti
previsti dalle Sezioni II, III e V, nonche', in  quanto  compatibili,
agli altri provvedimenti cautelari disciplinati dal codice  civile  e
dalle leggi speciali.  Soltanto  l'art.  669-septies  del  codice  di
procedura civile, concernente il provvedimento negativo e il  governo
delle  spese,  si  applica  anche  ai  provvedimenti  di   istruzione
preventiva previsti dalla Sezione IV del Capo III. Il dato  testuale,
dunque, rivela in modo univoco che  ai  provvedimenti  di  istruzione
preventiva (artt. 692-699 del codice di procedura civile),  e  quindi
anche all'accertamento tecnico preventivo (art.  696  del  codice  di
procedura civile), le norme disciplinanti i procedimenti cautelari ed
i relativi provvedimenti non si applicano,  fatta  eccezione  per  il
citato art. 669-septies. 
    Proprio tale eccezione vale a ribadire l'intento del  legislatore
in tal  senso,  intento  che  trova  ulteriore  conferma  nei  lavori
preparatori,  dai  quali  emerge  che  si  ritenne  di  escludere   i
provvedimenti d'istruzione  preventiva  dall'ambito  applicativo  del
procedimento cautelare uniforme,  perche'  essi,  pur  avendo  natura
cautelare, non sono collegati al giudizio di merito» (§. 2) con  cio'
escludendo una vis espansiva delle disposizioni di cui si discute  in
direzione  di  tutti  i  procedimenti   di   istruzione   preventiva,
contrariamente all'assunto della sentenza n. 23976/2019; 
    a fronte del plesso normativo che risulta dall'intersezione delle
disposizioni  codicistiche  sopra  richiamate  -  e  stante  l'omessa
correlazione tra l'art. 669-terdecies e l'art. 696-bis del codice  di
procedura civile per l'assenza di qualsivoglia appiglio testuale  che
possa far intendere  l'accertamento  tecnico  preventivo  a  fini  di
conciliazione partecipe di una asserita  natura  latamente  cautelare
per come, invece, puo' dirsi dell'art. 696 del  codice  di  procedura
civile  -  stima  il  Collegio   sia   ragionevole   dubitare   della
legittimita'   costituzionale   (e   dichiarare   rilevante   e   non
manifestamente   infondata   la   relativa    questione)    dell'art.
669-quaterdecies  del  codice  di  procedura  civile  il  quale,   in
contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., preclude il rimedio del reclamo
collegiale avverso  il  provvedimento  di  diniego  dell'accertamento
tecnico preventivo a fini di conciliazione; 
    soluzione cui non e' dato accedere per via interpretativa  stante
la diversita' e la irriducibilita' del procedimento ex  art.  696-bis
del codice di procedura civile nel novero  di  quelli  aventi  natura
cautelare; 
    le considerazioni che precedono fanno dubitare detta legittimita'
costituzionale dell'art. 669-quaterdecies  del  codice  di  procedura
civile con riferimento agli artt. 3 (nella misura  in  cui  determina
un'irragionevole disparita' di trattamento rispetto ai  provvedimenti
cautelari e all'accertamento tecnico preventivo ex art.  696-bis  del
codice di procedura civile) e 24 (in considerazione del rapporto  che
lega il diritto di assolvere l'onus probandi con la garanzia  di  cui
alla disposizione in considerazione in caso di  rigetto  del  ricorso
cfr. Corte costituzionale n. 471/1990, n. 257/1996,  n.  46/1997,  n.
144/2008 e n. 26/2010) della Costituzione. 
    si chiarisce ulteriormente  e  sinteticamente  che  la  questione
prospettata e' rilevante nel caso di specie in  quanto,  al  fine  di
valutare le eccezioni d'inammissibilita' del reclamo sollevate  dalla
parte resistente, e' indispensabile l'applicazione della disposizione
della cui legittimita' costituzionale si dubita laddove  non  include
il provvedimento ex art. 696-bis del codice di procedura  civile  tra
quelli suscettibili di reclamo e  non  e'  dato  pervenire  a  questo
risultato  mediante  interpretazioni  estensive  o   analogiche   che
alterino il decisum della Consulta n. 144/2008 estendendo  praeter  o
contra legem il requisito della reclamabilita';